Sigismondo Nastri ci invita a riflettere sulle condizioni delle strade della costiera.
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Sigismondo Nastri ci invita a riflettere sulle condizioni delle strade della costiera.
Durante una delle prime campagne elettorali del dopoguerra correva voce (ma forse era solo un mezzo per accaparrare voti) che l’onorevole DC Carmine De Martino, facoltoso imprenditore, proprietario della Sometra, società che gestiva il trasporto urbano a Salerno, avesse promesso di portare la filovia ad Amalfi. Cosa che non avvenne. Meno male. Immaginate che guasto avrebbe causato all’ambiente e al paesaggio la ragnatela di fili sospesa lungo il tracciato della strada statale 163, che percorre tutta la Costa da Vietri sul Mare a Positano. Destinata comunque a essere smantellata, com’è successo negli anni ottanta, per ragioni economiche (la Sometra era fallita già nel 1965) e in conseguenza del terremoto, con l’intera rete filoviaria, lunga oltre 79 chilometri (quella urbana di Salerno e quella extrarurbana da Pompei a Battipaglia, a Mercato San Severino, a Siano).
Sul finire degli anni sessanta – e questo è un ricordo più recente, suffragato da corposa documentazione giornalistica – vennero fuori altre proposte: una strada a mezza costa (la si definiva “seconda cornice”, sul modello ligure); un traforo tra l’Agro nocerino e Maiori; oppure un’autostrada che, partendo da Cava de’ Tirreni, avrebbe dovuto avere sbocco di fronte alla torre deĺlo Scarpariello; o, peggio ancora, una “litoranea” da Positano a Salerno, che si sarebbe dovuta congiungere con quella che prosegue fino a Paestum.
Aveva fatto impressione una Guida agli itinerari romantici pubblicata dalla rivista Grazia nel 1965. All’itinerario 69, che riguardava la Costiera, c’era scritto: «Chi vuole seguire questo itinerario deve sapere, prima d’ogni altra cosa, che percorrerà strade strette, spesso incassate nella montagna a precipizio sul mare; che incontrerà un traffico automobilistico abbastanza intenso; che avrà spesso qualche difficoltà incrociando mezzi di trasporto più grossi di un automobile; che non potrà assolutamente essere distratto dalla guida e che, infine, dovrà avere molta calma e pazienza». Era come dire: non andateci.
Ci furono, nella seconda metà degli anni sessanta, convegni, dibattiti, nei quali scorsero fiumi di parole: politici e amministratori impegnati a patrocinare l’una o l’altra tesi, i tecnici a far passare i propri progetti. Gli ambientalisti – per la verità pochi, solo Italia Nostra cercava di levare la voce – manifestavano preoccupazioni. A quei tempi non era neppure difficile attingere aĺle casse statali, soprattutto quando si trattava di grossi affari. Comunque, non se ne fece nulla.
In un convegno, tenutosi a Positano nell’aprile 1968, veniva proposto di articolare così la rete di comunicazioni, fra cui una dorsale che, partendo dal casello autostradale di Pompei-Scafati, avrebbe dovuto raggiungere Casola, Pimonte, quindi oltrepassare in galleria il massiccio di S. Angelo a Tre Pizzi, collegandosi alla provinciale di Ticciano. Da questa dorsale una diramazione avrebbe raggiunto Vico Equense, un’altra avrebbe portato alla Piana sorrentina, una terza a Massa Lubrense e Positano. Un’altra ancora sarebbe arrivata al pianoro di S. Maria di Castello, ove avrebbe dovuto attestarsi la stazione di partenza di una funicolare o di una funivia diretta a Positano. E cosi via. Che non siano queste le vie immaginate?
Il discorso potrebbe proseguire, perché il problema di una riorganizzazione della viabilità nella penisola sorrentino-amalfitana è stato oggetto di studio in sede di redazione di tutti gli strumenti di pianificazione del territorio. Il problema della viabilità in Costa d’Amalfi è ricorrente e viene riproposto ogni volta che si verifica una situazione di emergenza: quella di qualche anno fa, ad esempio, quando franò un costone nella zona di Capodorso, e quella del 2 febbraio ad Amalfi, quando è precipitata dalla soprastante via Annunziatella la parete rocciosa, tirandosi appreso un pezzo della sede stradale, all’uscita del piccolo traforo di via Matteo Camera, in pieno centro.
In linea di massima, il Put, lo strumento di pianificazione che ci tocca più da vicino, fa sua la filosofia di potenziare la rete viaria sul territorio. Esso prevede una serie coordinata di interventi tesi principalmente al decongestionamento della strada statale 163. In particolare, la realizzazione della cosiddetta “dorsale sorrentina” che diramandosi dal bivio per S. Agata sui due golfi della statale 145 si volge ad est verso Agerola, Gragnano e Castellammare, e viene integrata nella sua funzione di asse di collegamento montano della penisola dalla “strada alta di raccordo” dell’Agerolina con la provinciale Chiunzi-Ravello [che intanto resta in condizioni di assoluto abbandono e, formalmente, interdetta]. Come si vede, i corsi e i ricorsi storici non mancano.
Il Put accoglie inoltre la proposta di realizzare una strada alternativa di collegamento tra Nocera Inferiore e Chiunzi e una serie di vettori meccanici (funivie, funicolari): tra Mandrone e Positano; tra Pogerola e Amalfi; tra Ravello e Minori; tra S. Lazzaro di Agerola e Vettica Minore; tra Vietri e il porto di Salerno; tra Benincasa e Vietri. A tutto questo bisogna aggiungere i by-pass ai centri abitati, vale a dire le strade di circonvallazione, che pure sono ritenute necessarie per decongestionare il traffico all’interno degli insediamenti urbani, l’utilizzo razionale delle vie del mare, la predisposizione di un sistema di piazzole per l’atterraggio di elicotteri, in grado di garantire efficaci e tempestive forme di intervento in caso di emergenze.
Teniamo pure conto che il territorio è gravato da più tipi di vincolo, introdotti da leggi nazionali o regionali, per la salvaguardia di beni ambientali, storici e artistici o per la tutela dai rischi di natura geomorfologica, che sono gravi e di cui nel passato si son patite più volte le conseguenze, con lutti e rovine. Cito i nubifragi del 1897, del 26 marzo 1924, l’alluvione dell’ottobre 1954, quella di Atrani del 9 settembre 2010 che provocò la morte della giovane Francesca Mansi. Senza dimenticare la frana del 22 dicembre 1899, che distrusse la celebre grotta dei Cappuccini ad Amalfi.
Vie “immaginarie” dunque? Fino a un certo punto, perché i progetti esistono, alcuni di essi ormai vanno considerati obsoleti, e prima o poi occorre che qualcuno tiri fuori le carte dagli archivi della Provincia, dei comuni, della ex Cassa per il Mezzogiorno, della Comunità Montana, del Genio Civile e della Regione, per studiare quest’aspetto della storia politica, amministrativa, economica del territorio.
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