Conosciuto per la sua creatività ai fornelli e per la dedizione, lo chef del Faro di Capo d’Orso di Maiori, ci racconta del suo percorso e del progetto Cucina Nuova
Di Francesca Faratro
«Non sono io che ho scelto la cucina ma è stata la cucina a scegliere me». Inizia a raccontarsi così Francesco Sodano, giovanissimo chef stellato, dai capelli scuri, gli occhi pure e dolcemente caratterizzato da un’anima che lascia evincere i suoi sogni.
La cucina nel DNA
«Capisco di voler fare lo chef da piccolissimo quando mio padre, insieme a mia madre (entrambi insegnanti di cucina alla scuola alberghiera), tenta di volermi fare odiare questo lavoro mettendomi a pulire gamberetti e calamari per un’estate intera». A soli trentadue anni e già “illuminato” da una stella Michelin conquistata presso la cucina del Faro di Capo d’Orso di Maiori, è figlio d’arte. Originario di Somma Vesuviana, dopo le esperienze lavorative ai fornelli e dopo aver appreso i consigli di sua madre fra una montata a nastro ed un pan di spagna, comprende che la sua è una vera e propria devozione per la cucina.
La sua voglia di scoperta in giro per il mondo
Al fianco del papà si approccia dapprima alla banchettistica, avvicinandosi poi a quella di alto livello. Dopo qualche tempo inizia il peregrinaggio presso le brigate più importanti: accanto Pierfranco Ferrara, Oliver Glowing, Anthony Genovese, Angel Leon, poi a Londra con uno stage da Heston Blumethal succeduto dall’esperienza al “Galvin at Windows” ed al Quattro Passi londinese. “Dopo aver lasciato gli Uk arrivo a Los Angeles, insieme a mio fratello. Dapprima al club Annabelle’s e poi, con la mia prima esperienza da executive, all’enoteca Tulip.”, continua Sodano. L’esperienza californiana lo forma altrettanto come le altre ma ritorna in Italia, nella regione del suo cuore, ammaliato dai luoghi e della loro bellezza, fonte di ispirazione e culla di sapori unici che, attraverso la sua cucina, riesce a proporre e fare propri. Riparte con una consulenza a “Casa a tre pizzi” di Napoli per poi approdare in quel che ora è la sua cucina, quella del ristorante il Faro di Capo d’Orso , sotto la direzione della famiglia Ferrara, proprietari e decani del settore.
La Costa d’Amalfi, il rifugio della sua anima
«Il richiamo della Costiera mi ha folgorato, rubandomi l’anima. Sono innamorato del panorama che mi offre il Faro, quello che scorgo ogni qual volta mi affaccio per lasciarmi ispirare e coccolare attraverso i colori del cielo che cambiano in ogni momento ed i profumi di vegetazione e salsedine che si alternano e rinfrancano», continua Sodano. La sua cucina è improntata esclusivamente su ingredienti che quel fazzoletto di terra gli offre, avendo a disposizione una cospicua scelta di prodotti. Francesco Sodano li rivoluziona, selezionandoli attentamente e valorizzandoli in chiavi moderne. «Il limone sfusato trionfa. Lo presento sviluppando una sua valorizzazione incentrata sul miso a base di limone o lavorato come lo si fa con il Black Lime ovvero quello nero dell’Oman ma riprodotto con quello della Costiera. Ho fatto poi un piatto dedicato al totano di Capo d’Orso, applicando le tecniche apprese in Spagna e sperimentando la lavorazione dei salumi di mare. Amo il tonno rosso, i gamberi del Golfo e la triglia locale. Non ho una carte, è una scelta la mia. Non posso pensare di lavorare con una proposta che mi faccia ricorrere a prodotti congelati pur di presentarli ai clienti. Preferisco optare per piatti che lascino apprezzare il pescato del giorno perché anche il mare ha una sua stagionalità», ci dice lo chef. La sua proposta si incentra su menù degustazione, otto in tutto. Proposte alla cieca, che variano ogni giorno tranne per quelli prestabiliti per quello vegano, vegetariano e gluten free.