Il Santuario di Santa Maria del Bando: dentro la crisalide di Atrani, un tacito rifugio da scoprire

Come un segreto sussurrato a bassa voce, un sito dal fascino unico è incastonato tra le spigolose rocce di Atrani

10 giugno 2021, di Saveria Fiore. Foto di Vito Fusco. Repost 9 novembre 2023


L’enigmatica bellezza della Chiesa di Santa Maria del Bando ci viene disvelata grazie alla guida di Giovanni Proto, responsabile del Santuario, che con la sua spontanea vocazione storica disegna il passato di questa zona. Racconta e muove le redini degli eventi come una marionetta che prende vita e proietta la storia nel presente. Ancor più dai suoi silenzi che dalle sue parole si evince l’affezione al suo territorio e, in particolare, la volontà di portare alla luce questo sito ancora piuttosto inesplorato. 

«È da 21 anni che sono il responsabile di questo luogo sacro e l’ho in cura. All’epoca, nel 1999, fu l’illustre Monsignor Beniamino, arcivescovo di Amalfi e Cava dei Tirreni ad insignirmi di tale carica». 

Nella chiesa che è qui assorta nel verde, Don Carmine, parroco di Atrani, celebra regolarmente la messa, tenendo vivo il focolaio religioso. 

Origine storiche Chiesa di Santa Maria del Bando di Atrani

Già di per se stesso, il percorso che porta fin su, merita l’escursione.  Perduti nel verticale drappeggio dei quartieri di Atrani ancora sembra di sentire l’eco del “bando”, che dalla medievale chiesetta sul monte Maggiore si intonava alla popolazione sottostante, ai tempi delle Repubbliche Marinare.  Non è un caso se ancora oggi l’attuale Santuario (dal 1944, quando il monsignor Rossini lo dichiaró tale) è conosciuto come Santa Maria del Bando. 

Le prime attestazioni della struttura risalgono al 1187, e secondo una leggenda sembra sia il voto di un condannato a morte graziato dalla Madonna. 

Il Borgo di Atrani in Costa d'Amalfi
Photo Vito Fusco

Un percorso in salita

Impettita nella sua sacra veste, Il Santuario, attende i visitatori che percorrano i circa 750 scalini, svincolandosi tra le dedaliche scale atranesi. Il signor Domenico (72 anni), affezionato locale, le ha ormai consumate quelle scale, e ancora le sale come fossero mobili. 

«Ogni giorno percorro queste scale» – ci dice a passo deciso e senza avere il fiatone – «salgo a curare i giardini sotto il Santuario e tengo impegnate le mie giornate». 

Lungo la dolce scarpinata, dentro una cortina di sensi vivi, ribolle il profumo selvatico d’alisso, di minestrella, come vapori di un’antica cucina. Nei segmentati vicoletti ci si affaccia all’intimità della comunità locale e all’odore di candido dei panni stesi ad asciugare. 

«Quello è il punto in cui viene lanciata una cometa tutta illuminata, dritta verso la cattedrale, la notte della vigilia, a mezzanotte in punto», rivela Domenico, fermandosi lungo la salita, all’ampio verone di una casa.

 

L’intermezzo

In mezzo a questa natura, non mancano di certo i limoneti, fedeli al buon nome della Costiera. Due giovani al lavoro, Alfonso e Salvatore, sono appunto intenti a fissare le palizzate, destinate a sostenere il pergolato. Aldilà delle case abbarbicate alla roccia e dei panorami inghiottiti dalla piana alluvionale del Dragone, la bianca casa della madre di Tommaso Aniello de Fusco, conosciuto come Masaniello, Antonia Gargano, si scorge poco prima di giungere all’ingresso del Santuario. 

Le Grotte di Masaniello vivono ancora qui a sorvegliarne la memoria, nel silenzio mistico che governa la zona. Era stato l’ultimo rifugio del capitano generale del popolo napoletano, prima di essere ucciso nella Chiesa del Carmine a Napoli, il 16 luglio 1647. 

E ad oggi degli scavi vorrebbero riportare alla luce antiche memorie silenti nella grotta. 

Le celebrazioni delle festività

Ogni anno a Santa Maria, durante le festività natalizie, un abilissimo artigiano locale assembla presepi in piccole campane di vetro, che poi vengono estratti a sorte a gennaio. I vari pastori del presepe e la stessa campana di vetro vengono acquistate a San Gregorio Armeno, tutto il resto del componimento è minuziosa e creativa opera dell’artigiano. 

«Questa idea nasce per finanziare le necessarie opere di restauro, sia del Santuario che di tutta l’area limitrofa» – ci spiega Giovanni – «Siamo partiti con l’assegnazione di tre presepi il primo anno. Poi l’iniziativa è piaciuta e ad oggi siamo arrivati a metterne in palio dieci». Come ogni Festività che si rispetti, al termine delle ritualità, la comunità è riunita in un convivio di pasta e fagioli e dolci, in quell’immancabile vortice di abbondanza culinaria, quasi emblematica della nostra Terra meridionale. 

La speranza per il futuro

Il signor Domenico si ferma al Santuario, per una buona parte della sua giornata, e con l’energia distintiva del “vecchio stampo” si dedica alla cura dei rigogliosi giardini ai piedi della chiesa. 

Anche Giovanni è sempre qui, a dare il suo contributo, affinché il bando giunga a più orecchie e la luce di questa perla possa sgusciare fuori.  

«Quello che mi auguro – dichiara Giovanni con la speranza negli occhi – è che si possa sempre più animare questo luogo, farlo conoscere e invogliare le persone a venire qui in escursione, così che possa avere la gloria che merita».