Da maggio ad ottobre, la terza domenica del mese si celebrano le sante messe e il lunedì dopo la Pentecoste avvengono i solenni festeggiamenti
Di Annamaria Parlato, foto di Salvatore Guadagno
Chi scegli di raggiungere il Santuario dell’Avvocata di Maiori, scoprirà un itinerario che ingloba i panorami mozzafiato del Golfo di Salerno e della Costiera Amalfitana. La ricerca del divino che deriva dall’ascesi purificatoria e catartica sul monte Falesio, sottolineata anche dagli antropologi, e gli ampi spazi aperti a picco sul mare, spingeranno senza alcuna forzatura il visitatore verso la contemplazione dell’infinito.
Tutto accadde nel lontano novembre del 1485
Il Santuario della Madonna dell’Avvocata nel corso dei secoli ha suscitato negli abitanti della Costiera, e non solo, un profondo senso di devozione. Esso è raggiungibile da Maiori attraverso un sentiero scosceso, che, tuttavia, non ha mai scoraggiato pellegrini ed escursionisti a recarsi sul luogo, tanto è forte il “sensus fidei” verso questo luogo. Ci si può arrivare, prevedendo alcune soste durante il cammino, utilizzando o una mulattiera che parte dalla Badia di Cava o una lunga scalinata che parte da Maiori. Il sentiero più utilizzato è quello che parte dalla Badia dei Benedettini della SS. Trinità di Cava dei Tirreni, ma esistono anche altri percorsi, in realtà più ripidi, che si possono appunto imboccare da Maiori, Erchie e Cetara. Attualmente il Santuario è gestito dai monaci benedettini dell’Avvocatella di Cava, di cui Padre Gennaro Lo Schiavo è stato rettore ed esorcista sino al marzo 2021, mentore e guida spirituale di grande impatto per molti pellegrini provenienti da ogni angolo della Campania, che lo hanno seguito assiduamente sino al giorno della sua dipartita avvenuta a causa dell’infezione da Covid-19 e dell’aggravarsi delle condizioni di salute. Le origini del Santuario risalgono al XV secolo, quando un pastore maiorese, Gabriello Cinnamo, guidato da una colomba, scoprì una grotta assieme al suo garzone di origini salernitane, Dattilo Parìto. In seguito apparve in sogno a Gabriello la Vergine, la quale gli chiese di edificare un altare nella grotta in suo onore. In cambio, ella sarebbe stata la sua “Avvocata”.
Il Santuario nella letteratura locale
Nell’opera “Scrutazioni storiche, archeologiche, topografiche sulla città di Majori” di Filippo Cerasuoli del 1865 si menziona il Santuario come Eremo dei Camaldolesi. Nel 1686 la gestione del plesso passò in mano al suddetto ordine che ne detenne il controllo sino all’anno 1807, quando in seguito alle leggi napoleoniche di soppressione monastica, l’edificio con annessa chiesa ed eremo subì devastazioni ed incendi, assumendo pian piano le fattezze di rudere. Invece nel volumetto edito nel 1893 a cura di Alfonso Scannapieco, segretario del Municipio di Maiori, si racconta di quello che avvenne dopo il 1807 e precisamente nel 1866 con Decreto di Vittorio Emanuele II di Savoia vennero soppresse le Corporazioni religiose e l’eremo con tutti i boschi circostanti appartenendo al Capitolo di Amalfi fu incamerato dal Demanio dello Stato che poi fu a sua volta acquistato da Giuseppe Civale nel 1872. Morto costui nel 1879 successero nei suoi beni vari eredi i quali alla fine assegnarono a Matteo Primicerio la parte di bosco con la grotta ed il Santuario e a Giuseppe Tajani l’altro bosco con i ruderi dell’eremo. Nel 1888 il muratore Antonio Manzi, constatato lo stato di elevata criticità del luogo, lo riscattò. Con grande determinazione ripulì le mura e restaurò l’altare nella grotta e v’impresse a caratteri romani la seguente iscrizione: “Restaurata nel MDCCCLXXXX”. Il Manzi vi costruì pure in fabbrica una piccola balaustra e rese il luogo assai più decoroso. Pian piano si riattivò la devozione dei maioresi per l’Avvocata che divenne a loro cara e nel 1892 il Sindaco di allora chiese ed ottenne dai proprietari di quei boschi la cessione della grotta e dell’area superiore, per l’uso di pubblico culto. Infine Giuseppe Primicerio nel testo letterario “La Città di Maiori dalle origini ai tempi nostri” del 1983 descrisse con dovizia di particolari la storia del Santuario, soffermandosi sull’importanza antropologica e culturale del sito per l’intera collettività sia da un punto di vista sociale che religioso.