La cronaca locale, la storia, il cinema e la movida: il passato glorioso della Costa d’Amalfi immortalata dal celebre fotografo amalfitano
3 febbraio 2022, di Vito Pinto
A guardare la pubblicazione “Amalfi anni ’50 e ’60 – Alfonso Fusco fotografo”, catalogo della omonima mostra amalfitana, è da pensare che la curatrice Claudia Bonasi, giornalista, abbia tenuto in debita considerazione quanto scriveva Carlo Bertelli, storico dell’arte, soprintendente a Milano e già direttore del gabinetto fotografico nazionale dal 1963 al 1973, periodo durante il quale ha incoraggiato lo studio e la raccolta della fotografia come documento storico. L’attento direttore soleva, infatti, dire: «la fotografia rende testimonianza anche quando vorrebbe essere solo descrittiva».
Frase calzante al pregevole lavoro della Bonasi, realizzato grazie ad Antonio Dura, editore e direttore di “Pura Cultura”, e al patrocinio del Comune di Amalfi, selezionando immagini fotografiche scattate in un decennio da Alfonso Fusco, fotografo attivo ad Amalfi fra gli anni ’50 e ’60 del secolo appena passato, e messe in esposizione presso gli Arsenali dell’Antica Repubblica Marinara, (visibile fino al 28 febbraio 2022) “uno dei più interessanti eventi del 2021” come lo ha definito Daniele Milano, sindaco di Amalfi.
La quotidianità del dopo guerra in Costa d’Amalfi
Sono oltre duecento immagini, scelte in un archivio di famiglia che ne conserva più di duemila, che l’editore Dura non ha voluto modificare, scegliendo il rispetto “dell’inquadratura, della luce, dei contrasti ricercati da Alfonso Fusco, in modo che vi fosse una esatta rappresentazione di ciò che l’autore aveva ritratto”.
Ed era la quotidianità di una Italia appena uscita dalla tragedia della seconda guerra mondiale e che cercava di ricostruire case, lavoro, vite. Sguardi intensi, quelli degli amalfitani, intenti unicamente a risollevarsi da un disastro, a riprendersi una identità locale e nazionale. In quella quotidianità faticosa ci sono i volti di nonni, di genitori, di parenti, di amici, ci sono le partecipazioni alle processioni, ai festeggiamenti, cittadini o privati come i matrimoni, vi è un tracciato di vita che ha posto le basi alla quotidianità di oggi.
Forte è, in quegli scatti, «la capacità dell’autore – scrive Antonio Dura – di ritrarre più che rappresentare persone e atmosfere da quel mondo e proiettarle verso altri mondi e sguardi a lui sconosciuti, come quello da cui noi oggi osserviamo».
Una narrazione da cronaca
Ma ci sono anche le foto della “dolce vita” in quest’ansa del golfo di Salerno, immagini che hanno caratterizzato un decennio, dove soprattutto appariva chiara la strada che la Diva Costa, i suoi abitanti, avevano imboccato e che, forse, sapevano fare meglio di ogni altro mestiere: il turismo.
Erano gli anni in cui giungevano, quasi eredi di quei viaggiatori del Grande Tour, i primi personaggi attratti da una ospitalità che ben può definirsi “innata” e che è stato il fondamento di tutta una economia costiera.
Sottolinea Vincenzo Esposito, docente di Antropologia Culturale: «Le foto di Fusco potrebbero raccontare altro, oltre quello che rappresentano, se mai conoscere frammenti di vita dei fotografati, o situazioni sociali, o aneddoti legati ai luoghi e, perché no, alle cose ritratte. E si possono immaginare parentele, amicizie, legami affettivi, rivalità, sogni, speranze, delusioni».
In pratica è tutto un mondo che racchiude storie personali, a loro volte inserite in una storia più ampia di città, di territorio, di nazione. «Una narrazione – aggiunge Esposito – intesa come cronaca che si estende fino a ricomprendere altri elementi, ma tutti solo parzialmente significativi».
Dal cinema alle mitiche notti all’Africana
Erano, quelli ritratti da Fusco, anni di “risveglio” di vitalità, dei “Leoni al sole” di Vittorio Caprioli al suo esordio da regista, dei “campatori” che giungevano di sera a bordo della Vespa Piaggio diventata mitica in “Vacanze romane” con Gregory Peck e Audrey Hepburn, o di spiderini 750 della Innocenti, e invadevano le balere dove si esibivano Peppino Di Capri con il suo “twist again”, Fred Bongusto con “Una rotonda sul mare”.
Nelle mitiche notti all’Africana, inventata da Luca Milano, si esibivano balletti e musicanti di colore, ci ballava a piedi nudi Valy Myers, l’ultima esistenzialista della Costiera e musa di Tennessee Williams, nonché Jacqueline Kennedy con il giovane rampollo degli Agnelli, mandando sulle furie il più accorsato Avvocato Giovanni, e vi cenava, romanticamente fuori protocollo, la regina Giuliana d’Olanda con l’augusto consorte. Sindaco di Amalfi era Giovanni Amendola, mentre l’Arcivescovo era Mons. Angelo Rossini,presenti nelle immagini di Alfonso Fusco il quale non si faceva scappare le occasioni, fotografando quei personaggi che, alla fine, hanno segnato un’epoca, quella del voler a tutti i costi e a giusta ragione dimenticare un triste periodo della nostra storia patria.
Fra cultura locale, ricordi e storia in Costa d’Amalfi
Ricorda Esposito che le fotografie di Fusco “dialogano tra loro, con la cronaca locale, con i ricordi e con la storia”. Così la FIAT 600 della allora Pubblica Sicurezza fa bella mostra ai piedi della monumentale gradinata del Duomo e la mitica “giardinetta” racconta del suo utilizzo per lavoro e famiglia.
Ma non manca la venditrice di uccelli o il suonatore di bombardino della banda civica musicale e la pompa di benzina in Piazza Flavio Gioia della Shell, la società della conchiglia gialla, alla quale fa rifornimento un’auto da corsa, rimandando il pensiero alla automobilistica cronoscalata Amalfi-Agerola, inventata e organizzata dall’allora Presidente ACI Salerno, on. Renato Palumbo.
Il passato, un racconto contemporaneo
Le foto di Alfonso Fusco in fondo ci restituiscono il volto di una città e della sua gente, ma sono anche uno spaccato di un’epoca, del passaggio dell’uomo nel tragitto della storia in questa parte del golfo di Salerno, in una cittadina che alle sue spalle aveva una storia prestigiosa. Un lavoro che è stato predisposto da Claudia Bonasi per capitoli, quasi a voler accompagnare il lettore in un viaggio ordinato, senza fretta, capace di offrire, senza sbavature, un filo logico narrativo.
E’ un po’ come i grandi fotografi europei (Sommer, Conrad), che agli albori della fotografia giunsero a Napoli, non più capitale di un Regno, ma ancora città appetibile dai grandi viaggiatori: la strada, teatro sconfinato di un popolo impegnato in una gestualità esistenziale, accendeva la loro fantasia di “stranieri”, che imprimevano su lastre fotografiche l’istante rubato al tempo. E così è stato per Alfonso Fusco, che con il suo lavoro di ogni giorno ci ha regalato un come eravamo settant’anni fa.