Dalla Turchia del 7000 a.C ai geroglifici egiziani. Dal bocciodromo di Pompei alle boules verds (boulevards) parigine fino a Positano e Montepertuso. Come una delle più antiche attività (ludiche) sia diventato un sport di aggregazione
26 maggio 2023, di Saveria Fiore. Foto di Vito Fusco
Gioco o sport? Da millenni il lancio delle bocce ha sedotto culture svariate, in diversi momenti storici. Un gioco molto antico, che nasce come pratica ludica, ma che suscita competitività e adrenalina tanto da divenire ben presto uno sport riconosciuto. Nell’atmosfera assolata di Positano ancora oggi si pratica. E’ per lo più il focolare di vita di molti anziani del luogo. Di solito, durante le prime ore pomeridiane si incontrano sulla statale, lungo una curva che raccoglie un piccolo angolo di verde. In quest’area, collocata all’interno di un percorso di fitness voluto dal comune, è stato costruito un campo di bocce, che si sviluppa lungo i margini di un rettangolo srotolato su di un morbido pavimento di moquette verde.
Il lancio delle bocce è una competizione per tutte le età!
Non è solo un modo con cui i più anziani si mantengono attivi. E’ lo sport che si fa strumento di benessere psicofisico e di inclusione sociale. Specie in fasce della popolazione di cui spesso si dimentica l’importanza patrimoniale, il momento competitivo dello sport diventa pretesto di socializzazione, di incontro, in poche parole: un respiro di vita.
Un campo analogo è allestito nella frazione di Montepertuso, la patria dei tornei di bocce che si tengono già da anni grazie alla collaborazione di Associazioni sportive locali e al comitato della parrocchia di Santa Maria delle Grazie. Gli iscritti non sono solo adulti e anziani, ma anche giovani. Tutto è il riflesso di una lezione immancabile: i ragazzi, alle prime armi, assorbono i consigli degli esperti. Qualche chioma canuta, tanta consapevolezza e il giusto approccio alla sconfitta. L’aria è pregna di tensione, anche se latente. Non serve la fiamma olimpica per riscaldare l’ambiente, ed ogni riflessione viene fatta a bocce ferme.
“E’ un modo per sentirci ancora parte di qualcosa, un pretesto per trascorrere del tempo insieme e non invecchiare prima del previsto…mentalmente intendo,” ci dice uno degli anziani del paese fra i giocatori più affezionati.
Ai primordi ludici e antichissimi
I primi ritrovamenti che ne testimoniano l’esistenza risalgono al 7000 a.C in Turchia, a Catal Huyuk, città neolitica. Nel 1961 sono state qui ritrovate delle sfere in pietra, con segni di rotolamento su terreno ruvido. In Egitto, invece, pitture murali e geroglifici attestavano che questo popolo era solito giocare con sassi arrotondati. Dai greci, in primis nella stessa Iliade di Omero, ai romani, questa prova di abilità era un ozioso passatempo che occupava le ore libere di interi popoli.
La caratteristica più riconosciuta a tale gioco era la sua democrazia: dall’analfabeta al letterato, dal possidente al diseredato, ogni fascia sociale ne partecipava. Non è un caso se Ippocrate lo incensava come rimedio salutistico all’interno dei suoi trattati medici.
Tempi moderni
Nel XIII secolo il gioco delle bocce ha preso piede in tutta Europa nord occidentale. E’ riuscito a superare un percorso tortuoso osteggiato dagli stessi monarchi – che lo vedevano come un impiego di tempo infruttuoso- e dalla religione, per la sua natura d’azzardo: spesso e volentieri era scintilla di zuffe tra contendenti. Immaginate un gioco così nella Parigi del Cinquecento, dove le boules (bocce, ndr)avevano riscontrato successo lungo i viali verdi interni dei bastioni, le boules verds (boulevards).
Dagli scavi di Pompei, alla Cricca bocciofila dei martiri
Non meno plauso ebbe nel bocciodromo della Pompei imperiale, dove sono stati tirati fuori, durante gli scavi, un pallino e otto bocce. N
ella sua evoluzione diacronica, il gioco delle bocce è diventato sport (anche se non olimpionico) riconosciuto dal CONI nel 1926. La prima associazione bocciofila, invece, è torinese: la Cricca bocciofila dei martiri, del 1873. Tutto si svolge secondo regolamento, non più con le nostalgiche pilis lignei augustianae, ma con le metalliche sfere moderne e l’altrettanto tuonante rumorosità del momento.
In fondo lo stesso Neruda ce lo dice:
“Il bambino che non gioca non è un bambino, ma l’adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che ha dentro di sé”.