Rilanciare il territorio attraverso la valorizzazione della sua storia e cultura, recuperare le antiche vie dell’acqua per sviluppare un’economia a impatto zero. La Divina: un esempio di innovazione e sostenibilità
27 aprile 2021, di Vito Pinto
Vi è tutta una Costiera Amalfitana interna, fondale scenico all’affannarsi marino, che va curata, ripresa, risvegliata dal suo eco-sonno che dura ormai da troppo tempo. Così, con una serie di progetti, che intersecano collaborazioni a più livelli, si sta organizzando una grandiosa e unica operazione di recupero di quei territori velati di verde, con le loro emergenze archeologiche proto-industriale, con il riutilizzo di antichi sentieri e, soprattutto, delle antiche vie dell’acqua che nel passato sono state primaria caratteristica ecosostenibile di quest’ansa del golfo di Salerno, da sempre territorio di innovazioni e luogo immaginifico per poeti, scrittori, pittori, operatori di varie arti e di turisti, che ogni anno si riversano tra case bianche, arenili e lungomari. Un progetto che vede questo territorio impegnato in un recupero epocale per una diversa fruizione della sua complessità montuosamente marina.
Il protocollo Waterpower per la Costa d’Amalfi
L’architetto Luigi Centola è la mente pensante e l’anima attiva del Protocollo Waterpower, per la riqualificazione ed il riuso a fini turistico-culturali degli antichi opifici dismessi: sono circa una cinquantina distribuiti in 5 valli fluviali, da quella del Bonea di Vietri sul Mare a quella del Canneto di Amalfi, passando per i due Reginna (Maior e Minori) e il fiume Dragone tra Scala e Ravello.
Protocollo vincitore, qualche anno fa, del Lafarge Holcim Awards, l’oscar Europeo e globale dell’Architettura per la costruzione sostenibile. «Per lunghi anni i vecchi Piani Urbanistici Comunali (PUC) hanno impedito il recupero e il riuso dell’unica opportunità di sviluppo sostenibile e di lavoro per la Costiera Amalfitana, le testimonianze proto-industriali, tessere di un mosaico innestate in un paesaggio culturale unico al mondo Il Protocollo Waterpower vuole rivalutare quelle testimonianze del passato e ripensare all’acqua come fonte di energia e di vita da impiegare con rispetto, come si faceva una volta e stante l’emergenza acqua di cui soffre ormai l’intero pianeta», racconta il giovane architetto di fronte ai nuovi scenari che sembrano aprirsi in Costiera Amalfitana.
La costruzione di un eco-museo in Costiera Amalfitana
I nuovi PUC hanno creato le condizioni per salvare 35 cartiere antiche amalfitane, 50 mila metri quadrati abbandonati e in pericolo di crollo, dislocati nelle valli fluviali e tra quei terrazzamenti che dall’alto dei monti degradano verso la costa, già cari alle architetture disegnate da M. C. Escher.
Su quel progetto di qualche anno fa (ma il tempo trascorso non è andato sprecato visto che si è venuta a creare una nuova, cosciente sensibilità civica e amministrativa) si innesta la proposta di questi giorni avanzata dall’Archeoclub d’Italia, che mira ad un riutilizzo di quei territori interni per la costituzione di un eco-museo innovativo che non sia semplicemente un recupero di territori sinora lasciati nell’abbandono, una collezione di luoghi, storie, reti, ma una costellazione di risorse che possano raccontare la territorialità puntando sulla sostenibilità e l’innovazione.
Il primo cantiere sperimentale promosso dall’Archeoclub d’Italia
Francesco Finocchiaro, Responsabile Nazionale del Dipartimento Architettura di Archeoclub d’Italia, infatti, sostiene: «La Costa amalfitana ma soprattutto le sue aree interne, potrebbero essere il primo cantiere sperimentale, promosso dall’Archeoclub d’Italia – con il suo Dipartimento Architettura e Paesaggi – per costruire una piattaforma strategica condivisa, utile per realizzare un ecomuseo di ultima generazione. I webinar organizzati dall’associazione – a partire dallo studio dello spazio sacro, passando per la definizione delle modalità di recupero dei ruderi – si sono conclusi con una conferenza che ha individuato una strumentazione performante per rigenerare i territori periferici e fragili.
L’eco-museo, dunque, si pone come strumento per realizzare un processo di co-progettazione che coinvolge l’intera armatura territoriale e culturale delle comunità locali, le istituzioni pubbliche e private, l’associazionismo e le università, gli imprenditori e i proprietari. Il lavoro di ricerca, condotto dall’Archeoclub, ha permesso di definire obiettivi, strumenti e dispositivi possibili, anche in considerazione del recovery fund e delle risorse che si possono attivare».
Rilanciare il territorio
Un concorso, quindi, di saperi e di interessi che trova allineato l’architetto Luigi Centola: «Per superare di slancio la crisi socio-economica dovuta alla pandemia è indispensabile rilanciare, condividere strategie e mettere in rete territori, uomini e offerte più ampie e diversificate per attrarre nuovi turismi, anche in Costiera, promuovendo opportunità innovative».
Ed è quella nuova sensibilità collettiva, di cui si accennava sopra, così necessaria perché il progetto nella sua complessità possa decollare e prendere corpo, in modo da essere un autentico volano di sviluppo e di occupazione soprattutto per i giovani e le future generazioni di imprenditori costieri, laddove il turismo dovrà necessariamente evolversi e riproporsi al popolo dei viaggiatori in modo diverso. E quel modo diverso è fare paesaggio ecologico, recuperando gli scarti, i relitti, le fragilità lontane dai grandi attrattori costieri.
Il novello Grande Tour della Costa Diva
Non va, infatti, dimenticato che si tratterebbe di rilanciare angoli sparsi di storia e cultura, di recuperare spazi idraulici dove l’esperienza romana ed araba si fece sintesi di operosità da parte delle maestranze amalfitane; si tratterebbe, infatti, di recuperare canali, norie, macchine storiche. Le vie dell’acqua ritornerebbero ad essere parte integrante di un territorio, propulsori di uno sviluppo economico a impatto zero.
L’utilizzo, infatti, originale e innovativo della potenza idraulica, attraverso ascensori, cremagliere e funicolari, garantirà un comodo accesso pedonale alle valli fluviali. Inoltre il riuso delle millenarie strutture renderà immaginifico il novello Grande Tour della Costa Diva. E’ il recupero del millenario potere dell’acqua, ma anche l’esaltazione dell’ingegneria idrica di tre continenti, Europa, Africa, Asia, fattasi compendio d’arte nelle applicazioni della Repubblica Marinara di Amalfi.
Ecologia la sfida del duemila
Questa montuosa striscia di territorio digradante verso Punta Campanella, che divide incanti paesaggistici di incontrastata bellezza quali quelli di Salerno e Napoli, si appresta, così, ad essere spazio sperimentale da proporre, in seguito, come sviluppo eco-sostenibile anche ad altre parti del pianeta.
Una sfida che certamente sarà vinta da una collettività che, in un passato non tanto lontano, aveva come slogan “ecologia: la nostra sfida del duemila” e seppe con forza opporsi ai grandi interessi petroliferi internazionali, bloccando pericolose trivellazioni nel mare del lunato golfo; una comunità che, nei secoli, ha dato leggi e strumenti ai naviganti, ha saputo inventarsi mode, cultura, mestieri distribuiti sapientemente sul territorio.
Si pensa alla policroma ceramica di Vietri, alla soffice bambagina, carta a mano di Amalfi, alla fantasiosa moda Positano, alle armonie musicali di Ravello; e ancora alla colatura di alici (il pregiato garum dei romani), al recupero di vitigni autoctoni come il Tintore e di tradizioni culinarie come gli ‘ndunderi.
Sovrano su tutto è il limone, quello “sfusato” amalfitano dal sapore e profumo unico, non percepibile in altre analoghe produzioni mondiali. Un progetto, dunque, ampio, articolato, forse difficile, che non vuole essere solo investimento di fondi, ma che vuole soprattutto recuperare, coinvolgendo tutte le parti territoriali per una nuova frontiera del paesaggio. E’ questo un territorio chesi caratterizza per l’abbondante presenza di sorgenti che hanno posto le basi per una perfetta simbiosi tra le attività dell’uomo e la natura, un patrimonio culturale di inestimabile valore materiale e immateriale.
Il Geo–Archeo–Trekking
Intanto l’Archeoclub d’Italia già lancia una nuova sfida: il Geo–Archeo–Trekking «un nuovo modo di leggere il territorio – dichiara Rosario Santanastasio, Presidente Nazionale di Archeoclub d’Italia – ma soprattutto di andare a conoscerlo anche negli aspetti geologici ed archeologici. Questa è la nuova frontiera del turismo all’aria aperta che sarà quello prediletto da qui a qualche mese».
E qualche giorno fa, in occasione dell’ultima giornata mondiale per la Terra, il geologo Endro Martini, Presidente di Italy Water Forum 2024, Comitato promotore per la candidatura dell’Italia a sede del Decimo Forum Mondiale dell’Acqua, ha affermato: «L’Italia è laboratorio dei cambiamenti climatici, di innovazione sulla risorsa acqua e anche di formazione. Alla vigilia della Giornata Mondiale della Terra rendiamo nota una storia importante. In Costiera Amalfitana recuperando le canalizzazioni costruite dagli arabi hanno creato un sistema idrico fatto di vasche e canali per non buttare l’acqua. E la storia sta conquistando la stampa internazionale»
Alla luce di quanto sopra, giusto appare quanto sostiene Francesco Finocchiaro, responsabile nazionale del Dipartimento Architettura di Archeoclub d’Italia: «Il punto di partenza è l’incontro; il sentiero da percorrere, la condivisione; gli attrezzi da lavoro, il progetto; la meta, la felicità dell’uomo».