I siti rupestri: prime forme dell’insediamento in Costa d’Amalfi
17 aprile 2021, di Raffaele Ferraioli. Repost 24 giugno 2025
La Casa del Farraiuolo a Centena di Furore
La Costiera annascunnuta ovvero la Costa Nascosta: potrebbe essere questa la definizione di quella parte di territorio amalfitano custode occulto, discreto e appartato dei cosiddetti “siti rupestri”, antiche testimonianze di un sistema insediativo in parte laico e in parte religioso, disseminato fra le discoscese rupi sopra l’onde pendenti di omerica memoria della Divina.
Preziose testimonianze
Questo singolare giacimento culturale, per secoli abbandonato e negletto, fu oggetto alcuni anni fa di uno studio affidato al Centro di Storia e Cultura Amalfitana dalla Comunità Montana. Più specificatamente l’obiettivo era quello di inventariare queste preziose testimonianze per divulgarne la conoscenza e, se possibile, valorizzarle inserendole in itinerari turistico-culturali come nuova forma di offerta turistica integrata, in linea con le aspirazioni più recenti della domanda.
Per l’espletamento di tale incarico il Centro coinvolse alcuni docenti universitari esperti del settore, che individuarono i siti, ne rilevarono la consistenza, produssero un’ampia documentazione fotografica e risalirono ai proprietari di tali insediamenti.
I siti rupestri della Divina
Fu un lavoro egregio ma che non sfociò nella pubblicazione, cosi come inizialmente era stato previsto. Da qui l’idea di divulgarlo a piccole dosi attraverso questi articoli, quasi a mo’ di provocazione. Un sasso nello stagno, il tentativo di risvegliare le coscienze dei nostri concittadini e, perché no, dei turisti e di quanti continuano ad amare e a frequentare la nostra Divina.
L’elenco, sicuramente parziale degli insediamenti, è quello qui riportato: Vietri sul Mare: Polveriera del Bonea; Ravello: Chiesa di Sant’Angelo dell’Ospedale; Amalfi: Grotta della santissima Trinità, a Tovere; Furore: Eremo di Santa Barbara, Case di Centena, Stalle di Cichere, polveriera di Pino, Casa di Pizzocorvo, Casa Caramante allo Schiato; Scala: Grotta del Salvatore a Pontone; Tramonti: Cappella di Sant’Angelo a Gete; Maiori: Eremo di Santa Maria de Olearia; Minori: Chiesa dell’Annunziata; Praiano: Grotta di Cerasuolo; Positano: S. Maria del Castello.
Dai primi profughi agli eremiti
La proliferazione di questi insediamenti sul nostro territorio è da ricondurre inizialmente al soddisfacimento dei bisogni abitativi dei primi “profughi” romani inseguiti dai Barbari. Costoro, giunti qui da noi, non tardarono a scoprire le cavità naturali presenti in gran numero sulle nostre balze rocciose e si resero conto molto in fretta che esse offrivano enormi vantaggi in termini di contenimento della spesa di costruzione e di migliore protezione rispetto alle aggressioni esterne.
Insomma si poteva ottenere un’abitazione più sicura e meno costosa. A questo va aggiunto l’eremitismo. In assenza di cenobi e monasteri costoro optarono per i ricoveri naturali loro offerti dalla morfologia dei luoghi. Col trascorrere del tempo molti monaci che avevano scelto l’eremitaggio costituirono piccoli gruppi monastici cristiani che trovarono rifugio dalle persecuzioni in conventi e monasteri, molti dei quali trasformati in tempi recenti in alberghi di charme.
Vedi il Cappuccini e il Luna di Amalfi e il Santa Rosa di Conca dei Marini.
La casa del contadino – mugnaio
Uno dei più suggestivi insediamenti rupestri, abitativi è senz’altro la Casa del Farraiuolo, in località Centena* a Furore, abitata da ‘Ngiulillo, contadino-mugnaio, produttore di farro: il cereale dei poveri.
Essa utilizza due cavità contigue, poste ai piedi del bastione roccioso Pizzocorvo, distanziate fra di loro di una ventina di metri e ad analoga altezza dal piano di campagna. Quella ad est destinata ad abitazione, quella ad ovest usata come laboratorio dove il simpatico proprietario operava e pontificava. “‘Ngiulì che se dice?” gli domandava il viandante di turno e lui argutamente gli rispondeva: “‘E sarde se magnano ‘e alice…”
La struttura
L’edificato, semplice, spartano, essenziale, presenta una serie di elementi architettonici, tipici locali, particolarmente gradevoli. Addossato alla roccia con la parete di fondo e, in parte con quelle laterali, ben protetto, è inglobato nella cavità naturale. Vi si ammirano i resti di un focolare e una piccola vasca per la raccolta dell’acqua piovana. I muri sono composti in maniera mista con l’utilizzo di pietrame e malta di calce posti in essere ad opus incertum. La copertura è eseguita in travi e chiancarelle di castagno, ricoperte da un massetto ottenuto dall’ impasto di pomice misto ad argilla e calce, steso e battuto fino a renderlo impermeabile.
Pietre mitiche/dove l’eco ripensa/ alla grecità del tempo/ ora vestita con piume di ferro laggiù /per oltrepassare, in chiarore,/ il peso di antiche dimore,/ recita Antonello Leone, il mare/ traduce silenzi…/ nasconde i tuoni/ per il riparo degli orti.
Questo sito si trova all’imbocco del Sentiero dei Nidi di Corvo, che porta alla Cappella di Sant’Alfonso, all’Eremo di Santa Barbara e, di là, attraverso la Valle dei Briganti, ad Agerola, dove incrocia il Sentiero degli Dei.
Alla scoperta delle proprie radici
Conoscere più da vicino questa realtà, esplorarla, scoprirla significa ritrovare le proprie radici, riappropriarsi della propria identità, quella che abbiamo ereditato dai nostri antenati, non quella che vogliono attribuirci gli altri. Questo comportamento che l’antropologo definisce militanza ci spinge a essere orgogliosi di ciò che siamo, non di quello che gli altri vogliono farci essere.
A pensarci bene la riconquista dell’autenticità conviene non solo a noi ma anche e soprattutto a loro.
*= dal latino medievale centena <gruppo di cento famiglie>; presso gli antichi Germani era la più grande suddivisione demografica; presso i Franchi era la circoscrizione territoriale, politico-amministrativa, con una propria organizzazione di governo; a capo della Centena era il centurione che aveva poteri militari, ma anche civili