I siti rupestri: prime forme d’insediamento in Costa d’Amalfi
12 febbraio 2021, di Raffaele Ferraioli – Repost 4 giugno 2025
L’eremo di Santa Barbara a Furore
Venivano chiamate le Sante venute dal mare e il loro culto era molto sentito e intensamente praticato a Furore: Santa Caterina d’Alessandria, patrona dei mugnai, venerata nella Cappella rupestre a lei dedicata nel Fiordo; Santa Margherita d’Antiochia, protettrice delle donne partorienti, effigiata negli affreschi della Chiesa di San Giacomo; Santa Barbara di Nicomedia, la vergine guerriera, protettrice dei minatori, dei fuochisti, alla quale fu dedicato l’eremo sito nella zona occidentale di Furore che prese il suo nome.
L’ arrampicata attraverso i ruderi
Vi si arriva partendo da Poggio le Marelle lungo il Sentiero dei Nidi di Corvo, passando per Centena, Sant’Alfonso oppure da Pizzocorvo.
I due tronchi di mulattiera si uniscono poco prima della meta e proseguono per alcune centinaia di metri fino ad una ripida scalinata, al vertice della quale spicca una piccola edicola contenente due mattonelle maiolicate che riportano Santa Barbara e la Madonna di Pompei, databili l’una all’Ottocento e l’altra al Novecento. Da lì inizia l’arrampicata attraverso i ruderi di un’ardita scalinata, aggrappata al costone roccioso, in più parti crollata. L’insediamento, costituito fondamentalmente da alcune cavità naturali e da una chiesa ormai ridotta a rudere, è posto, come riferisce lo storico Matteo Camera, sulle alpestri vette di Furore.
Si compone di caverne di svariate dimensioni, sottoposte all’altopiano Corona di Agerola e affaccia sulla vallata della Praia, percorsa dal torrente Pennino.
La protezione dal fuoco
La grotta principale, posta a circa 600 m.s.l.m., risale all’anno mille e ospitava in principio un insediamento eremitico. La Chiesa, dedicata alla Santa che protegge dal fuoco giace in uno stato di degrado molto avanzato ed è suddivisa in una parte inferiore ed una superiore, con due cunicoli che mettono in comunicazione i due livelli interni.
C‘è chi dice che essa presenta tutte le caratteristiche di una cavità calcarea attraversata da grossi flussi idrici sotterranei. Ciò sarebbe confermato dalla presenza a poca distanza dall’ingresso di una piccola sorgente dove i Furoresi si recavano ad attingere acqua fino agli anni 50.
L’ingresso nascosto
Si ha, inoltre, notizia dell’esistenza di un vecchio ingresso dall’alto, dal pianoro di Agerola alla grotta superiore. Un nascondiglio perfetto, con una vera e propria via di fuga segreta, in caso di aggressioni dall’esterno. Tale accesso segreto venne poi ostruito dal Comune di Agerola per impedire l’accesso all’area sottostante, nel periodo in cui essa fu destinata alla sepoltura di morti per colera, vaiolo ed altre malattie infettive.
All’epoca del Brigantaggio queste caverne sono state un rifugio sicuro per le bande locali.
Le evoluzioni della chiesa
La chiesa di Santa Barbara, esterna alla grotta, è stata inclusa fra quelle riferibili al Ducato Amalfitano. Notizie assunte dai verbali delle visite pastorali degli arcivescovi di Amalfi riferiscono che: nel 1715 era “custodita da un eremita”; nell 1732 “aveva due altari, uno intitolato al Crocifisso e l’altro a Santa Barbara con sacrestia”; nel 1769 fu interdetta “bisognando di riparazione del tetto e nello stesso anno fu adibita a cimitero di colerici, “ mantenendo le funzioni funerarie fino all’unità d’Italia”; nel 1850 fu “espropriata alla Curia e venduta a un privato”, che nel 1887 concesse al Comune il diritto a continuarvi la pratica.
I ruderi della Chiesa sono stati ormai inghiottiti dalla folta vegetazione. Restano ancora visibili nella navata centrale l’abside e l’altare in muratura, nonché uno sbiadito affresco effigiante la Madonna con bambino. Altrettanto leggibili sono le forme delle volte di copertura delle tre navate, sia pure del tutto crollate.
Un universo rimosso
In questo luogo tutto è rovina, abbandono, oblio. Numerose e suggestive vicende aleggiano su queste rocce, tramandate oralmente nei cunti delle nonne. I ruderi di Santa Barbara si ergono, misteriosi e spettrali e recano il marchio indelebile dell’ignoto, continuando ad animare congetture, illusioni e tensioni.
In questo luogo tutto è rovina, mistero, abbandono, oblìo. Ombre di asceti, di eremiti, ma anche di santi e di madonne, di briganti e di banditi sembrano rincorrersi in un’atmosfera arcana, mistica, tragica. Il silenzio è totale, opprimente.
Questo mondo popolato di spettri somiglia a un universo rimosso e rinnova il ricordo sbiadito di un passato indecifrabile nel quale sprofondano le velleità della storia e affiora, leggera, la vaghezza dell’essere.