I doni della Vendemmia

Un rito antico che si cela dietro a lunghe tradizioni contadine. In Costa d’Amalfi la raccolta dell’uva riunisce famiglie e tutti i residenti

3 dicembre 2020, di Anna Volpicelli. Foto di Salvatore Guadagno


Il sapore della terra, la sensazione di toccare con mano i suoi frutti, di sentirne il profumo vivo, con il suo bouquet di sfumature olfattive, la sua freschezza e genuinità. 

Chi lavora nei campi, sa quanto il tempo dell’attesa sia importante, ha imparato ad ascoltare e coltivare la pazienza che madre natura insegna. E’ stato educato al suo linguaggio, ad assecondare i suoi ritmi, con delicatezza e molto rispetto, a destreggiarsi fra le varie intemperie che sono al di fuori di qualsiasi tipologia di controllo, ma soprattutto ha coltivato in sé un profondo senso di gratitudine per i suoi doni, che vengono celebrati come un momento di festa. 

Questa è la vendemmia, un evento annuale legato al lavoro in vigna, ma anche un rituale inserito nelle tradizioni agricole della Costa d’Amalfi, che porta con sé un grande valore storico, antropologico, sociale e di conoscenza approfondita del proprio territorio. 

Di generazione in generazione

E’ una delle tradizioni agricole più antiche che, con il tempo, sono state tramandate di generazione in generazione, attraverso metodi di lavoro precisi e saggezze contadine. 

Certo, con gli anni, la tecnologia si è evoluta, accelerando e facilitando alcuni processi. Ciò che è rimasto immutato è il rapporto intimo e profondo con la terra, la manualità della raccolta e soprattutto il suo forte potere di aggregazione. 

«Il periodo vendemmiale per noi è una festa  in cui viene coinvolta tutta la mia famiglia, più i mie tre operai. E’ un momento di aggregazione, in cui si celebra lo stare insieme, dove si raccoglie l’uva avvolti dal calore del sole, dove si condividono cibo e bevande, soprattutto il vino,» ci racconta Luigi Reale, proprietario dell’Azienda Agricola Reale Andrea, nel borgo di Gete, uno dei tredici villaggi del comune di Tramonti

Un’annata speciale

Iniziata a fine settembre e terminata agli inizi di novembre, la vendemmia del 2020 è stata unica, sia per le condizioni metereologico, con lungi periodi di pioggia, sia per la circostanze imposte dalla pandemia.

«Quest’anno – continua Reale – è stata un’annata particolare. Abbiamo puntato maggiormente sulla qualità invece che sulla quantità». 

Luigi Reale insieme a sua moglie, suo figlio Andrea, e i suoi fratelli Gaetano ed Emanuele sono tutti impegnati nell’azienda di famiglia, che include oltre ai terreni, anche un ristorante e un piccolo bed and breakfast. 

L’azienda agricola si adagia su 3 ettari e mezzo di terreno, che comprendono vigneti, uliveti e limoneti. Specializzata in agricoltura biologica, ogni trattamento viene fatto in modo naturale, senza danneggiare o alterare l’essenza dei frutti raccolti. Sono quattro le etichette che vengono prodotte ogni anno fra cui il bianco Aliseo, la cui uva viene raccolta sui colli di Tramonti, in due vitigni secolari, binacazita e biancolella “sono vitigni tipici della Costa d’Amalfi, che producono vini DOC con la sotto categoria della zona di Tramonti”. 

In Costiera, infatti, i vini vengono concepiti maggiormente nella zona di Tramonti, Furore e Ravello, dando vita a bottiglie uniche nel loro genere. 

«Getis, il nostro rosato, che ha vinto l’Oscar del Vino del 2014, proviene da una vigna che è situata a 500metri di altezza sul livello del mare. Produciamo circa 5 mila bottiglie e si caratterizza da un 80% di per’e’palummo e un 20% di tintore. Solitamente la vendemmia per questo tipo di vino viene fatta a metà ottobre».

Il sapore della contemplazione

Il vero fiore all’occhiello dell’azienda è il Borgo di Gete, un tintore in purezza, IGT colle di Salerno, che nasce in quel fazzoletto di terra circondato dalla bellezza dei Monti Lattari nel comune di Tramonti. Questa tipologia fa parte dei vigneti autoctoni della zona piantati a piede franco agli inizi del ‘900. 

«E’ una selezione che facciamo nella nostra vigna, e comprende i ceppi più vecchi del territorio, ceppi che vanno dai 100 ai 150 anni di età». 

Quest’ importante rosso nasce da una lunga lavorazione che include 15 giorni di fermentazione, 24 mesi di affinamento in barrique e 24 mesi di affinamento in bottiglia. Ha produzione limitata di circa 2mila bottiglie l’anno.

«E’ un vino di meditazione, dove si assapora la storia di una lunga tradizione contadina, che ti lascia in bocca il gusto del ricordo di un’emozione forte, che va assaporato lentamente. E’ un vino complesso che si abbina a piatti di carne o di formaggio, come il pecorino». 

Da una contrada del borgo di Gete, famosa per la coltivazione della vite fin dai tempi della Repubblica Marinara, coltivata con il sistema tradizionale a raggiera, nasce il rosso Cardamone. 

«E’ un vino dal colore inteso con riflessi violacei che ha lunghi periodi di affinamento, 80% in acciaio e 20% in legno». 

Ed è questo sangue della terra che viene principalmente consumato per festeggiare il periodo di vendemmia.  

«Durante la raccolta preparo delle ceste da portare nei campi, dove metto dei panini alla rinfusa, un provolone piccante tipico della zona, e ovviamente una bottiglia di Cardamone, che poi viene divisa fra tutti noi».

Photo of Salvatore Guadagno

L’emozione della cantina

Passato il momento di gioia per la fine della raccolta, ci si addentra in uno dei momenti più delicati del periodo vendemmiale:  il tempo della cantina.

«Il vino ha le stesse attese e richiede le stesse cure della nascita di un bambino. Quando l’uva arriva in cantina, per me è un momento di ansia perché ho una serie di neonati di cui mi devo prendere cura. Il vino è un corpo vivo e se perdi il controllo in questi 10 giorni, rischi l’intera annata. In questo periodo, mi sveglio persino la notte per scendere in cantina a controllare la temperatura. E lo stesso succede per l’imbottigliamento, se sbagli qualcosa, non puoi più correggere nulla perché ormai il tappo è stato chiuso». 

Una lunga e agognata attesa che viene ripagata da un’emozione di forte gioia che, ovviamente, viene celebrata a tavola. 

«Quando tutto finisce, riunisco la mia famiglia e i mie operai per un grande pranzo. Prepariamo un piatto di casatielli e patate come si faceva una volta, con una cottura di tre ore, arricchita da una finitura di provola affumicata. Per secondo di solito serviamo salsiccia e broccoli, che viene seguito da un dolce. Il tutto sempre accompagnato da un buono vino rosso». 

L’azienda organizza anche attività di enoturismo caratterizzati da winetour. I partecipanti vengono accolti in azienda con un bicchiere di vino, per poi essere accompagnati in un percorso alla scoperta dei vitigni autoctoni a piede franco, per proseguire fino alla Cappella Rupestre, situata a 100 metri di distanza dall’azienda, risalente al XIII sec. Il tour si conclude con un grande pranzo in cui vengono fatti assaggiare insieme al vino, anche i prodotti tipici del territorio.  

«Quest’anno, data la pandemia in corso, abbiamo avuto meno stranieri e più italiani che hanno partecipato ai nostri winetour. Sono stati dei bei momenti per far conoscere agli italiani le meraviglie di questo territorio». 

Il vino corale di Furore

Da Tramonti ci si sposta a Furore, dove la vendemmia ha un sapore antico. 

«Il momento della vendemmia coinvolge grand parte della popolazione di Furore – ci dice Andrea Ferraioli, fondatore della prestigiosa Cantine Marisa CuomoIn questo periodo dell’anno si registra un aumento dell’occupazione perché tutti quanti partecipano. Noi coinvolgiamo direttamente 121 famiglie». Una cifra elevata se si considera che il paese conta poco più di 600 residenti. 

«E’ una tradizione che si perpetua da secoli, che oggi viene vissuta anche come festa perché la gente ha l’occasione di passare del tempo insieme nelle vigne. Certo si lavora sodo, ma l’aria fresca che si respira, il calore del sole che riscalda gli animi e la gioia dello stare insieme, ripagano la fatica». 

L’azienda possiede vigne non solo a Furore, ma su 13 comuni della Costiera. Un territorio che si sviluppa su 40 ettari di vigneti. Il lavoro di Ferraioli e la moglie Marisa Cuomo è sì legato alla produzione del vino, ma anche alla ristrutturazione di terreni per lo più abbandonati. 

«Quello che facciamo noi è recuperare questi terreni, ripulirli, salvarli e riportarli a nuova vita. Il nostro raggio d’azione però non si limita solo alle vigne, perché noi recuperiamo e sistemiamo anche i terreni limitrofi, che distano all’incirca 20metri dalle vigne. E questa è una vera e propria operazione di preservazione del territorio, poiché gli incendi, tipici soprattutto nei periodi estivi, non trovano terreno su cui ardere e si fermano. E le vigne non vengono intaccate. Il nostro lavoro ha un impatto positivo sul paesaggio costiero e sulla vita e l’economia del contadino locale». 

L’avvio all’imprenditoria femminile

Cantine Marisa Cuomo nasce agli inizi degli anni ‘80, come dono di nozze di Andrea a sua moglie Marisa. 

«Fu una sorpresa per tutti, non solo per mia moglie. Il mio gesto d’amore ha aperto le porte a una innovazione nel campo della viticoltura, facendo da apripista all’imprenditoria femminile nel settore – ci racconta – Marisa è una donna forte non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Io dico sempre che porta il nome e la croce dell’azienda. Ha fatto un lavoro che pochi uomini hanno saputo fare».

Un territorio estremo

Ferraioli definisce il territorio della Costa d’Amalfi, soprattutto della zona di Furore, come un territorio di sopravvivenza, dove il contadino se l’è inventate tutte. Nel VI secolo, infatti, i contadini cominciarono a costruire i primi terrazzamenti. Successivamente costruirono le viti sui muri di roccia. 

«Grazie al loro lavoro, oggi ci troviamo con una miriade di vitigni che escono dalla roccia, chiamati a parete, e si adagiando su queste strutture fatte con pali di castagno, secondo il sistema di allevamento a pergola, che sorreggono le viti».  

Da un territorio estremo sono nati dei vini eroici, riconosciuti a livello Internazionale per la loro qualità. Durante i 50 giorni di vendemmia, la popolazione di Furore lavora su terre verticali, dove intere famiglie, raccolgono l’uva, che sistemano in grandi ceste, che vengono poi trasportate sia a mano, percorrendo sentieri costellati da ripidi scalini, sia con animali, come accadeva un tempo. 

«La vendemmia è faticosa, e io ed Andrea siamo sempre stati presenti. E’ un momento di grande attesa, gioia, ma anche di molta ansia – ci racconta Marisa Cuomo sorridendo – Oggi mi occupo per lo più della cantina».

La riscoperta dei vini autoctoni

Da questa passione sono nati tre brand, Doc Costa d’Amalfi, Marisa Cuomo e Fiorduva, che hanno dato vita a nove bottiglie, Costa d’Amalfi Rosato, Rosso e Bianco, Furore Bianco e Rosso, Ravello Bianco e Rosso Riserva, Furore Rosso Riserva e Bianco Fiorduva. 

Quest’ultimo ha vinto nel corso degli anni molti premi, fra cui l’Oscar 2006 come miglior Bianco d’Italia, “Tre Bicchieri” Gambero Rosso, Medaglia D’oro selezione del Sindaco, Città del Vino e Miglior Vino Bianco 2012, premio Gusto Cortina Wine & Food Festival. 

«Quando abbiamo cominciato questa avventura ho creato un campo catalogo in cui ho rilevato tutti i tipi di uva presenti nel territorio Costa d’Amalfi.  Abbiamo riscoperto 28 tipologie di uva bianca e 14 di rosso che poi sono rientrati nel disciplinare del 2001. Io sono fermamente convinto che oggi non dobbiamo correre dietro al vitigno, ma dietro al patrimonio territoriale, perché è questa la vera ricchezza». 

Un’eredita quella del territorio Amalfitano che ha trovato nella difficoltà della struttura verticale propria della zona, la sua fonte di successo, e ha saputo trasformare, grazie alla saggezza, alla passione e alla lungimiranza di chi lo abita, una sfida in una grande opportunità. 

La rocciosa cantina di Cantine Marisa Cuomo
La rocciosa cantina di Cantine Marisa Cuomo

L’orgoglio dei propri figli

«Noi siamo legati da sempre alla viticoltura integrata, un tipo di coltivazione della vite volta alla difesa dell’uva e delle piante per cui vengono applicate una serie di pratiche volte a favorire uno stato ottimale della coltura».

 Ancorato all’unicità rocciosa del territorio di Furore, Ferraioli insieme a Cuomo hanno ricreato la bellezza paesaggio naturale della zona, nella loro cantina. Scavata in una roccia, una fila di barrique riposano quietamente protette da pareti forti e silenziose. Ad alcune di loro, quelle più giovani, sono persino stati dati i nomi dei nipoti. 

«I mie nipoti hanno scritto con il gesso i loro nomi sulle barrique, siamo in attesa di vedere come cresceranno e matureranno. Siamo in attesa di scoprirne il loro sapore», racconta Ferraioli, orgoglioso. 

Ed è proprio questa fierezza, nata da un radicamento profondo al proprio territorio intriso da note di consapevolezza della propria forza e del proprio lavoro, che ha portato ad essere la Costa d’Amalfi patrimonio dell’UNESCO, e che ha saputo innovare con intelligenza e rispetto antiche tradizioni contadine, fra cui quelle della vendemmia.