La vita dei romani al MAR Museo Archeologico Romano di Positano

Distrutta durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C, il MAR testimonia oggi la ricchezza dell’aristocrazia antica presente in Costa d’Amalfi

11 marzo 2022, di Anna Volpicelli. Foto di Vito Fusco


In Piazza Flavio Gioia a Positano, a pochi passi dalla spiaggia di Marina Grande, sotto l’oratorio della chiesa di Santa Maria Assunta, si trova il Museo Archeologico Romano- MAR

Ricavato da una antica Villa Romana risalente alla fine del I secolo a.C, la lussuosa residenza era probabilmente stata progettata come dimora dedicata all’ “otium”, (tempo libero), una sorta di casa vacanza dove la nobiltà del passato trascorreva del tempo per rigenerarsi e riposare. 

La vita dei Romani al Museo Archeologico Romano MAR di Positano in Costa d'Amalfi
Il team di restauratori al lavoro

Cenni storici

La Villa, nascosta per secoli, fu seppellita sotto le ceneri e il fango della tragica eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. che colpì duramente la Città di Pompei. L’eruzione fu cosi violenta che riuscì incredibilmente ad oltrepassare i Monti Lattari e a raggiungere la residenza romana. Ci sono voluti dieci anni di indagini, scavi e di duro lavoro da parte della SABAP di Salerno Avellino, del soprintendente Francesca Casule e del funzionario archeologa Silvia Pacifico, per rintracciare quello che un tempo era la vita, o parte della vita, dell’aristocrazia romana. 

I primi accenni della sfarzosità del passato si ritrovano negli scritti del 1758 di Karl Weber, architetto svizzero responsabile degli scavi per conto dei Borbone nelle città di Pompei, Ercolano e Stabia, il quale illustra la raffinatezza e la meraviglia degli affreschi. I

l complesso di Positano, scrisse Weber nella sua relazione,  aveva un peristilio con un giardino centrale e una fontana. Lo stesso accademico Matteo della Corte, archeologo ed epigrafista italiano di fama mondiale, attribuì la Villa a Posides Claudi Caesaris, un uomo potente che era stato liberato dall’imperatore Claudio, da cui Positano prenderebbe il nome.  Ci sono volute due campagne di scavo (2004/2006; 2015/2016), ancora in corso, per recuperare i tesori nascosti. 

Dai riti funebri alla vita quotidiana

Si accede al museo scendendo delle scale collocate sulla destra della piazza. Qui si apre la cripta superiore che accoglie teche contenenti alcuni reperti osteologici recuperati durante gli scavi. Poco più avanti una grande sala esibisce ben 69 sedili colatoi in muratura che, pare, venissero usati in epoca borbonica per essiccare il corpo dei defunti. 

L’ambiente adiacente conserva un susseguirsi di teche contengono suppellettili e oggetti vari che richiamano la vita quotidiana. Fra questi recipienti in bronzo, vasi in metallo che venivano utilizzati per preparare il cibo e servire le varie pietanze, attrezzi per il lavoro nei campi, e candelabri. 

La vita dei Romani al Museo Archeologico Romano MAR di Positano in Costa d'Amalfi. I 69 sedili-colatoi presenti nella cripta superiore
La vita dei Romani al Museo Archeologico Romano MAR di Positano in Costa d’Amalfi. I 69 sedili-colatoi presenti nella cripta superiore. Photo of Vito Fusco

La complessità degli affreschi

Cuore del museo è il triclinium situato a 11 cm al di sotto della cripta superiore. Qui una serie di affreschi di inizio IV stile decorano l’intero ambiente. La parte superiore conserva stucchi che raffigurano amorini, ippocampi, delfini. Portando lo sguardo un po’ più in basso si trovano delle immagini che illustrano narrazioni mitologiche fra cui Chirone che dà lezione ad Achille, Dioniso, una donna e un bambino. 

In basso, ultima parte dell’affresco, si trovano dipinti di Giunone, animali, fra cui i pavoni che è sempre stato un simbolo di ricchezza e di rinascita. Sul sito del MAR si legge che: “La maggior parte dei colori antichi era di origine minerale: i gialli, i rossi, i bruni, alcuni verdi, sono ottenuti per decantazione, e talvolta per calcinazione, di terre naturali. Altri sono di origine vegetale, come il rosa, il nero, ottenuto spesso dal nerofumo. Particolarmente costoso era il blu, conosciuto anche con il nome di blu egizio ottenuto dal riscaldamento di una miscela composta da silicato di rame, calcite e carbonato di sodio come fondente.

Un dettaglio dell’affresco all’intreno del museo

La cripta inferiore

A pochi passi dal museo, un’altra sala riporta in vita i resti di un ipogeo altomedioevale, costruita probabilmente poco prima del 12esimo secolo. 

Si trova a circa 5 metri sotto la chiesa madre. L’ambiente conserva alcuni sedili colatoi per l’essiccazione dei defunti. L’abside centrale è coperto da due volte a crociera e quello rettangolare da quattro volte a botte. All’interno ci sono anche elementi di spoglio, fra cui colonne tortile. L’intero museo è ancora oggetto di studio archeologico e di recupero che presto emergeranno alla superficie.