Un rituale di condivisione che riunisce tutta la famiglia. Un giorno di festa che si conclude con del buon cibo e musica.
28 febbraio 2022, dii Anna Volpicelli. Foto di Vito Fusco
«Mio nonno Francesco, chiamato Ciccillo, voleva tutta la famiglia presente», ci racconta Giovanni Fusco, di Positano, che ogni anno, sin da quando era bambino, partecipa a una delle tradizioni più antiche della Costa d’Amalfi, la macellazione del maiale e oggi è lui a condurre il gioco. «Nella mia famiglia, ogni nipote aveva un compito preciso e uno in particolare veniva selezionato per dare la coltellata all’animale», continua.
Le tracce del passato
La macellazione del maiale è da secoli una sorta di rituale celebrativo che viene eseguito da diverse famiglie costiere. Come descrive Gabriele Cavaliere nel suo libro Q.B storie d’amore e di sapore della Costa d’Amalfi (Officine Zephiro, 2020) “Il maiale è stato per secoli la dispensa delle popolazioni rurali…Venivano acquistati piccoli alla fiera rurale che si teneva a giugno. In occasione dei festeggiamenti di Sant’Andrea in modo che la macellazione si potesse fare nei mesi freddi, solitamente fra la meta di gennaio e la fine di febbraio, in pieno periodo carnevalesco”.
Nessuno era escluso. Tale tradizione era un grande momento di condivisione, quel rituale, infatti, avrebbe provveduto al sostentamento della famiglia per un anno interno o forse più. «Il nostro metodo prevedeva che i più piccoli selezionassero il grasso per fare la sugna. Mentre a mio nonno spettava il compito più importante, quello cioè di salare la carne del maiale. Oggi tutto ciò viene ancora mantenuto».
Il grande lavoro
L’appuntamento all’alba quando un pentolone di acqua viene messo a bollire. Acqua, che poi, servirà per lavare e pulire il maiale. Successivamente il maiale viene ammazzato, sgozzato e il sangue che fuoriesce viene poi raccolto, cotto, e utilizzato per alcune pietanze, fra cui il sanguinaccio. «A questo punto il maiale viene lavato, ripulito interamente, raschiato con delle sette ammorbidite con acqua bollente e poi attraverso una carrucola, la carcassa viene appesa per lasciarla asciugare», spiega Fusco.
Il giorno dopo, sempre di mattina preso, si comincia la macellazione. «Viene selezionata la carne per fare gli insaccati, quella per fare la soppressata e quella poi per le costate, la bistecca e molto altro. A questo punto il tutto veniva messo ad asciugare e affumicato con un insieme di mirto e rosmarino». Alle donne veniva dato il compito di ripulire e sciacquare gli organi interni che sarebbero stati usati sia per la cucina, sia per gli insaccati.
L’appuntamento a tavola
Dato che del maiale non si butta via niente, la vescica viene lavata e ripulita per poi essere utilizzata per la sugna.“Dalla sugna si ricavano i cigoli che vengono utilizzati per il sugo oppure abbrustoliti”. Oltre al lavoro la giornata include anche momenti di autentica condivisione, soprattutto a tavola. «In passato l’evento era aperto solo ai membri della famiglia. Con il tempo, poi, abbiamo cominciato ad invitare amici più stretti», dice Fusco.
Alle 13 i partecipanti si riuniscono per condividere il pasto. «Una grande tavolata imbandita con braciole, costate, cavatelli fatti con il sugo della carne di maiale, sanguinaccio e altri dolci tipici. Non mancano ovviamente del buon vino e della musica. Dopo pranzo, infatti, ci divertiamo a suonare e cantare canzoni popolari della tradizione come “il Brigante” accompagnato da tarantelle».