Grazie alla passione e alla determinazione di due giovani donne, pioniere, la spezia di colore rosso entra a far parte dell’agricoltura del territorio
29 novembre 2021, di Anna Volpicelli
Quando si parla di zafferano è facile pensare alla Lombardia, all’Abruzzo o alla Sardegna. Pochi, infatti, sono a conoscenza del fatto che negli ultimi anni, ricercatori ed esperti del settore stanno guardando con interesse allo zafferano campano.
Il clima mediterraneo e la qualità dei terreni pare abbia effetti benefici sulla coltura della spezia.
Eccellenza del territorio: lo zafferano campano
Nella zona di Avellino, nei Paesi Vesuviani e nelle aree attorno a Benevento una serie di agricoltori si sono impegnati con passione e molto lavoro alla coltivazione di tale spezia, al punto che è nata una vera e propria organizzazione, Rete Zafferano Campania, si sono avviate ricerche e studi presso l’Università Federico II di Napoli e il CNR di Avellino.
«Lo zafferano campano – ci dice Italo Petrillo, perito agrario di Montemiletto, in provincia di Avellino, che da anni si occupa della coltura e della sperimentazione della spezia, non solo per uso culinario, ma anche per uso medico – è di ottima qualità e le analisi e ricerche fino ad ora svolte dalle istituzioni competenti ne hanno accertato l’eccellenza».
Un campo in via di sperimentazione in Costiera Amalfitana
Oltre alle coltivazioni classiche, recentemente sono nate alcune sperimentazioni come la coltura in serra e la liquefazione della spezia per uso cosmetico. Lo zafferano, inoltre, da secoli è riconosciuto per suoi benefici sulla salute. La Scuola Medica Salernitana la definì la spezia del buonumore, poiché in tempi antichi veniva anche utilizzata per curare alcune forme lievi di depressione.
Una manodopera continua
Nonostante i numerosi effetti positivi, il processo di coltivazione richiede molte cure e molte ore di lavoro.
«Il bulbo, generalmente, in Campania viene piantato fra la metà di agosto e la metà di settembre, mentre la raccolta avviene fra la metà di ottobre e la fine di novembre»- continua Petrillo – «Durante il periodo di raccolta i fiori devono essere prelevati la mattina molto preso, prima che il sole li dischiuda o che la rugiada li danneggi. Una volta presi vanno tolti i pistilli ed essiccati per circa 40 -45 minuti e lasciati a riposare al buio in un barattolo di vetro per 3-4 mesi».
Il lavoro è molto se si considera che per un grammo di zafferano sono necessari quasi più di 100 fiori, ma ciò non ha fermato agricoltori dal portare avanti questo tipo di coltivazione.
«Un bulbo medio può far nascere circa 10 fiori», spiega l’esperto. Tale coltura da circa 5 anni ha conquistato anche la Costa d’Amalfi con due attività pionieristiche nate a Tramonti e ad Agerola, sviluppate, con il supporto della famiglia, da due giovani donne.
Lo zafferano in Costa d’Amalfi: dalla terra alla cucina
«Nonostante la mia famiglia sia proprietaria di terreni, non mi sono mai cimentata direttamente nella coltivazione – racconta Federica Caso, 26 anni, la cui famiglia è titolare dell’Agriturismo Il Tintore a Tramonti – Sono una massaggiatrice e sto terminando gli studi per diventare Spa Manager, ma due anni fa andai a Eataly a Torino e mi innamorai dello zafferano».
Durante il soggiorno a Torino conobbe alcuni membri dell’Associazione Zafferano de L’Aquila
«Le parole del direttore mi catturarono. MI colpirono così tanto che insistetti per portarlo a Tramonti e provare a coltivarlo».
Con un po’ di esitazione da parte dei genitori, il fratello Claudio Caso, che da anni lavora con la famiglia, insieme al compagno di Federica, andarono a L’Aquila per capire se il terreno disponibile nell’agriturismo fosse adatto alla coltivazione dello zafferano.
«Vennero qui a controllare la terra e dissero che si prestava alla crescita della spezia. Ci regalarono dei bulbi e li piantammo. Era il 2019».
Ricette con lo zafferano su misura
Su un fazzoletto di terra, a pochi metri dall’orto dove viene coltivata l’insalata, la cicoria, i broccoletti, durante l’autunno, sboccia il fiore creando un manto di color indaco.
«E’ un fiore magico perché che ti regala emozioni e sorprese. Ci sono giorni in cui troviamo molti fiori, altri in cui ne troviamo tre. E’ un fiore dalle mille funzioni. I pistilli, infatti, vengono usati per lo zafferano, il polline può essere utilizzato per creare tutti i lievitati, pane, panettoni e cosi via, mentre con i petali si possono fare delle tisane e persino il liquore. Noi ovviamente ora ci limitiamo all’utilizzo dei pistilli, anche perché abbiamo un piccolo terzo a disposizione».
Una volta raccolti i pistilli vengono ripuliti, fatti essiccare e lasciati riposare.
«La pulizia dei fiori è anche un momento di raccoglimento che vede coinvolta tutta la famiglia. Mia madre, mio padre, mio fratello, mia sorella e i bambini che giocano. L’anno scorso abbiamo prodotto circa 40 grammi di zafferano che abbiamo utilizzato in cucina per preparare dei piatti per i nostri ospiti».
Oltre alle combinazioni classiche, l’Agriturismo il Tintore serve un risotto con zafferano, speck e provo, pasta calamarata con ceci, baccalà e zafferano o fagioli bianchi con baccalà.
«La nostra filosofia è quella di servire solo ciò che viene raccolto nei nostri terreni e i nostri clienti quest’anno sono stati piacevolmente sorpresi dallo zafferano. Hanno voluto vedere il luogo dove viene coltivato, si sono molto incuriositi. E questa forse è stata la più grande soddisfazione».
Da Milano ad Agerola in Costa d’Amalfi
«Fondamentale per lo zafferano non è solo il terreno ma anche la fase di piantumazione e di mantenimento – racconta Marina Acampora, 29 anni, proprietaria dell’Azienda Agricola Rosa Rosae ad Agerola – Lo zafferano non vuole molta acqua e il terreno del essere costantemente pulito e curato».
Il padre di Marina, Mauro, è originario di Agerola, e dopo aver vissuto con la famiglia nel nord Italia, nel 2017, insieme alla famiglia, si è trasferito in Costa d’Amalfi.
«Questi terreni erano di proprietà di mia nonna – ci racconta il signor Acampora, ormai esperto di zafferano – sono stati abbandonati per molti anni e noi abbiamo fatto un’opera di riqualificazione piantando prodotti di nicchia fra cui lo zafferano, gli alberi di noci e quelli di olive».
L’azienda che vende lo zafferano ai ristoranti della zona, ha cominciato la sua attività piantano bulbi acquistati a Milano e ora produce circa 400 grammi di prodotto l’anno su una coltivazione di circa 3mila metri.
«Noi facciamo una rotazione biennale sul terreno. Dopo la raccolta i bulbi vengono lasciati riposare nel terreno fino a maggio circa. Ogni due anni noi estraiamo i bulbi dalla terra e li ripiantiamo in un altro appezzamento poco distante dalla sede centrale. Nel terreno ripulito, sistemiamo i fagioli zolfino, che forniscono azoto alla terra. In questo modo evitiamo l’utilizzo del letame,» spiega Marina.
Un premio per l’operosità
Lo zafferano prodotto non viene utilizzato solo per la cucina, ma anche come elisir di bellezza. Da qualche anno, infatti, l’azienda ha messo sul mercato una linea di cosmetici per il viso, una crema e un siero, realizzati con la spezia e l’olio di noci.
«Lavoriamo con un’azienda artigianale di Salerno che trasforma in nostri prodotti. L’olio di noci, che è molto forte, lo vendiamo anche in bottiglia da 100ml».
Recentemente la famiglia Acampora ha instaurato una collaborazione con Officine Alkemiche, una distilleria specializzata in gin di Pagani.
«Stiamo provando a utilizzare i petali del fiore per dare una colorazione al gin. E’ ancora un lavoro in via di sviluppo, aspettiamo di vedere i risultati», sottolinea Mauro Acampora.
Nel 2021 Rosa Rosae ha ottenuto il premio Ritratti di Territorio, Food Award Alfonso Pepe 2021, un riconoscimento che viene attribuito alle eccellenze campane, “per l’operosità, la diligenza e il rispetto del lavoro contadino per i quali ha costituito un’azienda agricola familiare che è diventata una roccaforte a tutela del territorio agerolese”.
L’obiettivo per entrambe le aziende è quello di crescere e cercare di aumentare la produzione, imparando giorno dopo giorno da questo fiore che nonostante la sua magia, è imprevedibile.
«Quando vai sui campi -– sottolinea Mauro Acampora – non sai mai cosa quel giorno il fiore di riservi».
E probabilmente è questa sia la sfida sia il fascino dello zafferano.