Una mini-vacanza fuori stagione per esperire al meglio hub dell’archeologia e musei a cielo aperto
8 gennaio 2023, di Redazione
Spesso ci si chiede quando sia il periodo più adatto per visitare la Costa d’Amalfi. Destinazione ambita, a livello internazionale, durante la bella stagione, pochi sono ancora a conoscenza del suo fascino durante i mesi più freddi.
In realtà, sono i momenti dell’anno dove è possibile assaporare ed esperire la piena essenza di questa terra. Il suo affascinate silenzio, i suoi panorami che assorbono la magia di ciò che viene definito slow-tourism, o meglio il suo significato più intrinseco.
Le vie dei paesi, per lo più frequentate dai residenti, i sentieri immersi nella natura, che grazie al clima mite d’inverno, diventano mete per gite escursionistiche, soprattutto nelle prime ore del mattino, i luoghi dell’arte, che poco affollati, possono essere visitati con molta più calma e tranquillità. Per tutti questi motivi, optare per una mini-vacanza in Costa d’Amalfi fuori stagione, può trasformarsi in una esperienza conoscitiva dove toccare con mano la vera autenticità e genuinità di questa terra. Vi accompagnano, quindi, in un itinerario di tre giorni alla scoperta delle sue bellezze artistiche.
Il Mar di Positano
Dopo aver passeggiato per i vicoli colmi di piccoli negozi, botteghe dell’artigianato che hanno dato vita alla Moda Positano, si arriva in Piazza Flavio Gioia. Qui, proprio sotto l’oratorio della chiesa di Santa Maria Assunta, si trova il Museo Archeologico Romano- MAR.
Un vero e proprio polo archeologico ricavato da una antica Villa Romana risalente alla fine del I secolo a.C. Un tempo, il museo era una lussuosa residenza che probabilmente era stata progettata come dimora dedicata all’ “otium”, (tempo libero), una sorta di casa vacanza dove la nobiltà del passato trascorreva del tempo per rigenerarsi e riposare.
Si accede al museo scendendo delle scale collocate sulla destra della piazza. Qui si apre la cripta superiore che accoglie teche contenenti alcuni reperti osteologici recuperati durante gli scavi. Poco più avanti una grande sala esibisce ben 69 sedili colatoi in muratura che, pare, venissero usati in epoca borbonica per essiccare il corpo dei defunti. L’ambiente adiacente conserva un susseguirsi di teche che contengono suppellettili e oggetti vari, fra cui recipienti, vasi, attrezzi da lavoro e candelabri, che richiamano la vita quotidiana.
Cuore del museo è il triclinium situato a 11 cm al di sotto della cripta superiore. Qui una serie di affreschi di inizio IV stile decorano l’intero ambiente. La parte superiore conserva stucchi che raffigurano amorini, ippocampi, delfini. Più sotto alcune immagini illustrano narrazioni mitologiche fra cui Chirone che dà lezione ad Achille, Dioniso, una donna e un bambino.
In basso, ultima parte dell’affresco, si trovano dipinti di Giunone, animali, fra cui i pavoni che è sempre stato un simbolo di ricchezza e di rinascita. A pochi passi dal museo, un’altra sala riporta in vita i resti di un ipogeo altomedioevale, costruita probabilmente poco prima del 12esimo secolo. Si trova a circa 5 metri sotto la chiesa madre.
L’ambiente conserva alcuni sedili colatoi per l’essiccazione dei defunti. L’abside centrale è coperto da due volte a crociera e quello rettangolare da quattro volte a botte. All’interno ci sono anche elementi di spoglio, fra cui colonne tortile.
Il sentiero NaturArte di Praiano
Famosa per la luminaria di San Domenico, il festival di luci che si svolge ogni anno ad Agosto, per essere la sede della storia Torre Asciola, sede e laboratorio per anni dell’artista Paolo Sandulli, e per ospitare l’innovativo e giovane progetto Mare Art Project, il primo hub di residenze artistiche in Costa d’Amalfi, che ospita giovani creativi provenienti da tutto il mondo, a Praiano l’arte si fonde con la natura.
Non è un caso, quindi, che proprio qui è stato costituito il popolare percorso NaturArte. Otto sentieri che permettono di girare e scoprire il borgo a piedi. Gli itinerari, a tema, raccontano attraverso l’arte le tradizioni e la storia di Praiano. Un progetto nato nel 2016, che ha coinvolto otto artisti locali nel dare un’identità ai vari sentieri. In totale sono 150 sculture realizzate in ceramica e in pietra. Si tratta di un insieme di opere legate alla cultura, alle tradizioni e alla mitologia locale in un continuo dialogo con l’ambiente circostante. Il primo itinerario, quello di Mao, raccoglie le opere dello scultore amalfitano Francesco Mangieri (aka Mao) e va da via Croce al Concetto di Santa Maria a Castro, il secondo “Il mito di Ulisse” colleziona i lavori dell’artista Sandro Mautone, si sviluppa su Via degli Ulivi e via Costantinopoli.
“Le maschere astratte” esibisce lungo via Croce varie maschere colorate realizzate da Patrizia Marchi. Il 4 racconta “la leggenda delle Janare” per mano dell’artista Enzo Caruso, poi si passa a “Il mare e l’arte della pesca” con le installazioni di Lucio Liguori che sono disposte lungo via Rezzola e via Masa.
“Pietre galleggianti e parole nascoste” invece, è il percorso che ospita i lavori di Fernando Vassallo da Via Costantinopoli fino all’omonima Chiesa; “la rivisitazione dell’idea di edicola votiva” che omaggia i simboli sacri per mano di Fausto Lubelli. L’ultimo itinerario, l’ottavo, “Sulla strada della memoria” esibisce, infine, le opere di Paolo Sandulli su via Terramare.
I murales di Furore
Il paese dipinto, cosi è conosciuto Furore. Nel 1983, grazie anche e soprattutto al contributo di Raffaele Ferraioli, al tempo sindaco del borgo, il villaggio si trasformò in un crocevia di artisti che da tutta Italia e da diverse parti del mondo arrivarono in Costa d’Amalfi per decorare i muri di Furore.
Più di 120 opere che raccolgono dipinti e sculture, delineano la vocazione artistica del borgo. All’entrata del villaggio sono collocate le creazioni di due artisti di Avigone Hugo Sanze e Arno Geisseler, conosciuto nell’industria dei graffiti come Repy.
Nei pressi del Fiordo, invece si può ammirare la rappresentazione dello stesso nell’opera di Antonella Costa, pittrice ligure, e poco distante da li l’opera “La Madonna delle cicale” dell’artista partenopea Carla Viparelli. I dipinti si snodano piano piano, come in un museo, a cielo aperto, lungo tutto il paese. Un progetto che testimonia la natura di una destinazione che da sempre ha abbracciato le diverse culture che nei secoli si sono radicate nel territorio, senza stravolgere la sua vera assenza, ma semplicemente arricchendolo.